APOLOGIA DELLE LUNE E DEI DESERTI, DEL MARE E DELLE OMBREdi Luigi Compagnone |
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Se tu accetti di scrivere una nota su un pittore, è perché presumi di contribuire a farlo capire. Ma prima devi capirlo tu. Quel che dico può sembrare molto ovvio. Invece non lo è. Vi sono, infatti, scrittori che gettano un'occhiata sulle tele e si mettono subito a vibrare. Cosa intendo per vibrare? Adoperare un linguaggio tra mistico ed esaltato. Adottare toni da profeti. Affermare, senza tema di arrossire, di essersi sentiti travolti e perturbati dagli 'allarmi' sparsi dal penello del pittore, allarmi ecologici, idrologici, inorali, psicanalitici, psichiatrici, nuviali, oceanografici, onirici, simbolici, ecc. I quali allarmi convergono, scrive lo scrittore che si è assunto il còmpito d'illuminare il 'fruitore' in un dirompente presentire sciagure d'ogni genere, annuncianti perdizioni e strazi terrestri, interplanetari, intergalattici. In due parole: l'Apocalisse è vicina a deflagrare tra roghi catastrofici. Dopodiché, s'immagina che lo scrivente corra a suicidarsi invece va a farsi un piatto di spaghetti. Lo so, sono alquanto grossolano. Ma perché stufo di retoriche infantili. Ciò premesso, mi chiedo quali 'allarmi' siano quelli di Di Riso. Non lo so. Ma la sua mi sembra una pittura 'tranquilla'. Che, almeno per un poco, ci ha lasciaio presagire il Terremoto ma subito lo ha gettato via assieme alla Scala Mercalli. Guardate i suoi colori. Son colori 'caldi' e 'freddi' inducenti nell'insieme all'ottimismo. All'ottimismo della ragion poetica, non a quello della volontà. Guardate quel 'Pomeriggio nel deserto'. Non mi fa rabbrividire. Mi fa pensare che il deserto è 'buono' perché appartiene a un ordine terrestre ormai consolidato, qual è stato fin dai primi tempi della creazione, fin da quando Adamo calcò lo scalzo piede sulla Terra. Guardate 'L'ombra del pianoforte'. Un'ombra che si allarga e rassicura. Non l'Ombra presagita dal profeta Carl Gustav Jung: 'Ognuno è seguito da un'Ombra'. Ma qui, più quest'Ombra è incorporata al pianoforte, ossia alla musica dei giorni e delle notti, più essa è confortevole. Una breve confessione: odio un aggettivo. L'aggettivo 'inquietante'. E' l'aggettivo di quelli che, mettendosi alla macchina per scrivere, si limitano a vibrare. Di Riso non mi rende inquieto. Non mi fa vibrare. Le sue luci, le sue ombre, i suoi azzurri, i suoi rossi, le sue lunarità, mi rallegrano il respiro. E anche il soma. Vi sono pittori spermatici, e pittori pneumatici (da pneuma: soffio, alito, respiro). Gli spermatici, ribollono di materia. Gli pneumatici, sono i pittori del respiro. Respirando, fanno respirare anche il soma. Quel soma che, presso i Greci, designava la parte di noi condannata a perire. Ma Di Riso la alimenta col suo soffio, e celebra in tal modo il soma vivente, non quello perituro. Perciò non m'inquieta; anzi mi rallegra, e l'allegria è anche speranza. Guardate il 'Guerriero che posa armato', è, invece, un Guerriero disarmato, medilante fra le temerarie mecscolanze del basso e del sublime, della guerra e della pace, del reale e del fantastico. Guardate i suoi 'Bastioni'. Con la loro immobile onnipotenza, la loro onnipresenza, incise nella pietra, richiamano Henry Moore. Fanno pensare, dice bene Vitaliano Corbi, a 'quasi un elenco di cose da ricordare, per uso del tutto privato'. E il sentirnento del privato induce alla quiete. E il sentimento della quiete rifiuta l'allarme e il finimondo. Ci illumina d'immenso. Guardate 'Note alla luna' e 'Rotazione magica'. Vi appaiono tre lune. E il 3 è il numero del perfetto, o che aspira alla perfezione. Di Riso è un Pierrot lunaire, orchestrato da uno Schonberg in annonia dodecafonica col ternpo e con lo spazio. 11 tempo è quello scandito dalle tre lune, lo spazio è la Campania. Ma Di Riso non fa pittura indigena. Non dipinge il paese e le sue case. Non ha mai coltivato la tradizione sentimentale, quella dell'idillio e della celebrazione paesana. All'intenerimento sulle reliquie veteropaesaggistiche, ha preferito il nudo richiamo dello spazio, e degli spazi. Di qui, la sua apologia delle lune e dei deserti, del mare e delle ombre: un ottimismo rotatorio, che va e viene, rotando intorno a se stesso. Ossia intorno alla Terra Madre, e alla sua umile superbia. Per Approfondimenti : Luigi Compagnone |